L’Universo ha tali dimensioni che l’utilizzo delle comuni unità di misura delle distanze in uso sulla Terra appare scomodo ed inefficace. Già all’interno del Sistema solare, indicare quanto spazio intercorre in chilometri tra due pianeti, anche contigui, imporrebbe di esprimersi con numeri eccessivamente grandi. Sono state pertanto definite due unità di misura astronomiche, una esclusivamente utilizzabile all’interno del Sistema solare e l’altra valida per l’intero Universo attualmente conosciuto. Si tratta, nel primo caso, dell’Unità astronomica (sigla U.A.) pari alla distanza media che c’è tra la Terra ed il Sole: dire pertanto che un pianeta è a 3 Unità Astronomiche di distanza vuol dire che da esso ci separa uno spazio pari al triplo di quello che intercorre tra il nostro pianeta ed il Sole. L’unità di misura più diffusamente usata, invece, è l’anno luce (sigla a.l.) che è pari alla distanza percorsa dalla luce in un anno: considerando che la velocità della luce nel vuoto, la massima ad oggi conosciuta, è pari a circa 300 milioni di metri al secondo, ovvero circa 1 miliardo di chilometri orari, è facile capire che consente di esprimere le siderali distanze presenti nell’universo con numeri tutto sommato piccoli. Dire pertanto che la galassia di Andromeda è a 2,5 milioni di anni luce da noi vuole rappresentare essenzialmente che la luce di Andromeda che noi oggi vediamo nei nostri telescopi è partita da quella galassia 2,5 milioni di anni fa e che la distanza è pari a circa 24 miliardi di miliardi chilometri; se invece affermiamo che una stella dista 70 milioni di anni luce ed ipotizzassimo che intorno a quella stella orbitasse un pianeta abitato da essere intelligenti in grado di puntare un potentissimo telescopio verso di noi, essi non vedrebbero le nostre città, ma la luce partita 70 milioni di anni fa: osserverebbero pertanto la Terra popolata dai dinosauri al massimo del loro splendore.