Da decenni, la specie umana ha avviato intense campagne di studio ed esplorazione dello spazio. Sono state inviate sonde ed orbiter verso altri pianeti, satelliti e comete; sono state costruite e poste in orbita attorno alla Terra stazioni spaziali internazionali; sono stati inviati messaggeri artificiali oltre i confini del Sistema solare. Una delle epopee spaziali di maggior successo e fascino è sicuramente il Programma Apollo, che ci portò sulla luna 6 volte, di cui la prima nel luglio del 1969. Eppure, partì malissimo: Apollo 1 sarebbe dovuto entrare in orbita terrestre nel gennaio del 1967 quando, per un cavo elettrico difettoso, un incendio divampò in cabina, che era satura di ossigeno. I 3 astronauti della missione morirono carbonizzati e il programma subì un comprensibile e notevole rallentamento. Grissom, Chaffee e White stavano distendendo le postazioni per prepararsi al lancio quando dalla sala di controllo si ode un disperato: We’re burning up (Stiamo bruciando)>>. Impossibile aprire il portello, perché la capsula era pressurizzata, impossibile intervenire perché era satura di ossigeno (procedura che la NASA abbandonò proprio dopo questa tragedia). Un banale cortocircuito provocò un disastro, ma non fermò il programma, che costituiva una priorità per la nazione e la scienza (e gli astronauti lo sapevano). Si passò direttamente alle missioni Apollo 4, 5 e 6 (non esistono le missioni numero 2 e 3), tutte senza equipaggio umano; con la missione numero 4 si usò per la prima volta il lanciatore Saturn V. Apollo 7, dell’ottobre del 1968, fu la prima a portare in orbita terrestre un equipaggio umano; Apollo 8 raggiunse l’orbita lunare e Apollo 9 testò l’aggancio del modulo lunare in orbita terrestre. Operazione che fu ripetuta, ma in orbita lunare, con Apollo 10. In particolare, Apollo 8 aveva un preciso obiettivo: partire dalla Terra, orbitare intorno alla Luna, verificare tutte le criticità del lungo viaggio, rientrare sulla Terra. Nonostante fosse una mastodontica impresa, non priva di incognite, risolveva solo una parte dei quesiti che si ponevano alla NASA per lo sbarco. E gli astronauti, ancorché scienziati, super addestrati, non potevano immaginare le emozioni suscitate dal vedere sorgere la Terra dietro la Luna, abituati come tutti noi a veder spuntare dall’orizzonte gli altri astri. E uno di loro, William Anders, reagì come un bambino: Oddio, guarda quell’immagine laggiù! C’è la Terra che sorge. Wow! Quanto è bella!>> Con Apollo 11, decollato il 16 luglio del 1969, l’uomo atterra per la prima volta sulla Luna. Comandante della missione, e primo uomo a camminare sul nostro satellite, fu il fuoriclasse Neil Armstrong; suo vice era Buzz Aldrin ed il pilota del modulo che rimase in orbita attorno alla Luna, per recuperare i compagni, era Michael Collins. Appena mise piede sul suolo lunare, seguito da Terra da milioni di telespettatori, Armstrong pronunciò la celebre frase: “One small step for a man, one giant leap for mankind (Un piccolo passo per un uomo, un grande balzo per l’umanità)”. Mentre Armstrong detiene il primato di primo uomo a poggiare il piede sul suolo lunare, Collins è stato il primo uomo ad allontanarsi maggiormente dalla nostra casa: la raggiunse quando il modulo su cui si trovava in orbita attorno alla Luna mentre Armstrong e Aldrin ero atterrati sul satellite, si trovò “dietro” la Luna che schermò anche tutte le comunicazioni con la NASA. Rimase per diverso tempo, pertanto, solo nell’Universo. La bizzarra curiosità è che, in tutte le foto del primo epico sbarco, non compare mai il comandante della missione, il primo uomo Neil Armstrong (in tutte le foto c’è sempre Aldrin). Il comandante infatti aveva un ulteriore delicato compito: documentare con immagini tutte le operazioni e per questo motivo non poteva cedere per alcuna ragione la fotocamera al suo compagno. Armstrong si vede solo in una foto, riflesso nella visiera del casco di Aldrin. Ci furono poi altre 5 missioni Apollo che atterrarono sulla Luna fino a quella numero 17, del 1972, alla quale partecipò per la prima volta uno scienziato – astronauta, il geologo Harrison Hagan Schmitt: furono svolti diversi test e fu usato, per i 3 giorni di permanenza sulla Luna, un rover per gli spostamenti a grande distanza del luogo di atterraggio. Con la missione Apollo 15 venne reso un bell’omaggio allo scienziato italiano Galileo Galilei: l’astronauta David Scott insieme al compagno James Irwin lasciò cadere contemporaneamente un martello ed una piuma e verificò che toccarono il suolo nello stesso istante. Dimostrò così nel modo più spettacolare possibile l’intuizione del genio pisano, simbolo della scienza moderna e della ragione contro credenze e superstizione: Nel vuoto tutti i corpi cadono con la stessa accelerazione costante>>. È invece degli astronauti dell’Apollo 17 quella che ritengo essere la più bella fotografia della Terra scattata dallo spazio (si trova ovunque in rete): era talmente rappresentativa del nostro pianeta che divenne presto iconica con il nome di Biglia blu. Recentemente, diverse sonde inviate dalle agenzie spaziali asiatiche per il sorvolo ravvicinato della Luna, hanno restituito diverse nitide fotografie (facilmente reperibili in rete) in cui è possibile distinguere quanto lasciato dalle missioni Apollo durante le varie missioni: in due, in particolare, è ben visibile il modulo lunare Eagle usato da Apollo 11, con tanto di ombra, e alcune impronte degli astronauti.