Sarebbe impossibile sintetizzare gli studi di Sir Charles Darwin in una pagina, ma qualche informazione è possibile darla. L’adattamento all’ambiente non ha niente a che vedere con la volontà di un individuo o di una popolazione di individui. In altri termini, le giraffe non hanno il collo così lungo perché di generazione in generazione hanno cercato di allungarlo per arrivare alle foglie più alte e succose degli alberi, alle quali gli altri animali non arrivavano, e trasmettevano di generazione in generazione il millimetrico incremento nella lunghezza del collo fino ad arrivare alla dimensione attuale. Di generazione in generazione, al contrario, le giraffe che avevano casualmente il collo leggermente più lungo erano favorite rispetto alle altre, si riproducevano di più e quindi la loro incidenza percentuale nella popolazione aumentava progressivamente, a danno di quelle con il collo ritenuto “normale” perché corto. L’evoluzione di una specie si realizza per la combinazione di mutazioni genetiche casuali e parametri ambientali. Le mutazioni genetiche possono essere dannose, se comportano un peggior inserimento di un individuo o di una popolazione di individui nell’ambiente o positive, se danno all’individuo un vantaggio. Nel primo caso le mutazioni non vengono favorite nella riproduzione, nel secondo sì e si impongono come dominanti. Le combinazioni genetiche sono così numerose che in ogni momento non avremo mai, in una popolazione, due individui geneticamente identici. Questa estrema variabilità genetica e del fenotipo è una garanzia per la sopravvivenza di una specie. Se, ad esempio, gli uomini fossero alti tutti 180 centimetri e all’improvviso sulla Terra passasse una falce all’altezza di 170 cm ci estingueremmo in un microsecondo. Ma grazie alla presenza di individui più bassi di 170 cm la specie potrebbe andare avanti: il gene meno alto di 170 cm diventerebbe, in questo caso, quello dominante e la popolazione che ne risulterebbe sarebbe mediamente più bassa della popolazione falcidiata. È quello che successe, ad esempio, alle rudiste, genere di molluschi estintisi 65 milioni di anni fa contemporaneamente ai più noti dinosauri, che costituivano barriere simili a quelle coralline, con una estrema specializzazione ambientale: vivevano solo con condizioni di temperatura e profondità dell’acqua ben precise. È bastato un cambiamento delle condizioni del loro ambiente per causare la loro totale scomparsa, non avendo nel patrimonio genetico della popolazione quella variabilità che avrebbe consentito di assorbire il cambiamento e sopravvivere. Notevole possibilità di combinazioni genetiche e lunghissimi intervalli di tempo sono fattori fondamentali nel governare l’evoluzione delle specie. È errato quindi pensare che una popolazione floreale, arborea, animale sia capace di adattarsi, per effetto della sola volontà, ai cambiamenti ambientali: questo è possibile grazie alla variabilità genetica, al fatto che mutazioni presenti nel patrimonio genetico di una popolazione possano diventare vantaggiose in caso di cambiamento delle condizioni ambientali ed essere favorite nella riproduzione.